Smart working: le madri in carriera nella quarta rivoluzione industriale.

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Smart working: un approccio tutto nuovo all’organizzazione aziendale. Le esigenze individuali del lavoratore diventano complementari a quelle dell’impresa. 3 gli obiettivi: competere, conciliare e innovare. 

Le donne in un’età compresa tra i 30 e i 35 anni si trovano spesso ad affrontare un grande dilemma: lottare per la carriera o fare la mamma a tempo pieno.
In Italia a differenza dei nostri concittadini europei è comune che sia la madre ad abbandonare ogni aspirazione professionale a favore dell’affermazione del consorte, trovandosi ad optare, nel migliore dei casi, per un lavoro part – time ben lontano dal proprio percorso di studi.
Nel bel Paese, infatti, mancano quelle politiche di welfare che permettano ad una donna il reinserimento nel mondo del lavoro a seguito di una gravidanza.
Qualcosa, però, potrebbe cambiare.
Nell’era dell’Industry 4.0, la longa manus della digitalizzazione dei processi produttivi spinge verso l’evoluzione del concetto di prestazione lavorativa sganciandola dagli usuali riferimenti di spazio e tempo.
In questo clima di innovazione si colloca la figura dello smart working o “lavoro agile” inteso come una modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, nato allo scopo di incrementare la produttività, agevolando la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro senza che il fattore retributivo venga intaccato.
Il lavoro agile non consiste, dunque, in una nuova tipologia contrattuale bensì nella possibilità per il lavoratore di essere valutato per i risultati effettivamente conseguiti piuttosto che per le ore trascorse in ufficio.
Detto modello organizzativo, si affacciava timidamente nel nostro panorama giuridico con il telelavoro, per essere poi recepito nel DDL n. 2233/2016 proposto dal Ministro del Lavoro Poletti e soprannominato anche Jobs act per il lavoro autonomo, attualmente in fase di approvazione  finale.smart working

I punti salienti del disegno di legge per lo smart working sono i seguenti:

  1. a) la prestazione viene eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, ed entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva;
  2. b) l’attività lavorativa può essere svolta tramite l’utilizzo di strumenti tecnologici;
  3. c) quando il lavoratore svolge la prestazione fuori dai locali aziendali non è necessario che utilizzi una postazione fissa.
  4. d) se il datore di lavoro assegna al lavoratore strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa, è responsabile della loro sicurezza e buon funzionamento.

Il disegno di legge prevede, per la fruizione di detto strumento, un accordo scritto, a pena di nullità, tra datore e lavoratore che dovrà disciplinare:

  • le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali;
  • i tempi di riposo del lavoratore.

L’accordo può, altresì, configurarsi a tempo determinato o a tempo indeterminato. Qualora sia a tempo indeterminato il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a trenta giorni; se sussiste un giustificato motivo, il recesso può avvenire senza preavviso. Qualora l’accordo sia a tempo determinato, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine in presenza di un giustificato motivo.
Questo nuovo approccio all’organizzazione aziendale ha già riscosso grandi consensi prima ancora che lo Stato lo abbia effettivamente regolamentato, visto che solo nel 2015 il 17% delle grandi imprese italiane ha posto in essere progetti strutturati in tal senso.
Il metodo organizzativo disegnato dal lavoro agile accontenta, dunque, il lavoratore ma anche l’azienda per i notevoli benefici economici che ne derivano si pensi semplicemente al risparmio sugli spazi da impiegare grazie alle scrivanie condivise e conseguentemente ai relativi consumi in bolletta.
Per tutte le considerazione qui svolte, è evidente che lo smart working potrebbe dare alle madri la possibilità di colmare il divario di genere sia dal punto di vista occupazionale che retributivo senza che il loro ruolo fondamentale rivestito all’interno del nucleo familiare venga sacrificato.
 
 
Avv. Francesca Lapomarda
 

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