Dire di no: quanto è diventato difficile?

Dire di no: quanto è diventato difficile? Scopriamolo con la psicologa dott.ssaRoberta Sabrina Armenise.
Nella società di oggi si è molto spaventati dai no, che possano esser detti, o che si possano ricevere.
Un “no” non è necessariamente un rifiuto dell’altro o un suo imporsi; bensì può essere dimostrazione di fiducia nelle capacità e nella forza dell’altro. Ciò avviene soprattutto nel contesto familiare, afferma Asha Phillips.
Pensiamo ai bambini, a come le idee sull’educazione infantile riflettano i diversi modi di concepire l’infanzia: c’è stata prima un’educazione più ferrea, ispirata a uno stretto controllo da parte degli adulti e alla convinzione che i genitori debbano organizzare e gestire tutti gli aspetti del comportamento dei figli;; in tal contesto i no abbondavano e non c’era possibilità di replica, poi si è passati ad un’educazione più centrata sui bisogni del bambino, che è oggi la più diffusa.
Si permette al bambino prima, e all’adolescente dopo, di partecipare alle decisioni, o di essere libero di decidere, ciò che è meglio per lui.
Quando un neonato cerca di raggiungere un obiettivo, lo fa attraverso i suoi canali, quali ad esempio urla e pianti.
Moltissimi genitori si sentono impotenti di fronte ad un pianto o un lamento e vogliono risolvere subito il problema.
Se la risposta ad un disagio è sempre un’azione, il neonato impara che solo l’attività fa star meglio, quindi piuttosto che esser semplicemente calmato, dalla mamma o dal caregiver che in quel momento è lì con lui, il bimbo si ritrova addosso, oltre alla propria preoccupazione, anche quella della madre.
Il neonato potrebbe pensare che non è accettato o peggio ancora che non è tollerato.
Ciò porterà ad un bimbo sovra-eccitato e ad una mamma esausta, da cui il bimbo dipenderà sempre più, non avendo trovato risorse in lui che permettessero di fargli pensare che era solo un lamento passeggero, un malumore come capita a tutti. A volte i bimbi vogliono solo esser rassicurati.
Dire di no: dicendo no alla tentazione di avvicinarsi ad un bimbo che piagnucola in culla, creiamo in lui uno spazio per la crescita.
Un bimbo che si addormenta in braccio a qualcuno e poi si risveglia solo ed in un altro posto si spaventa, invece un bimbo lasciato solo in culla, troverà mille modi da solo per addormentarsi, e per lui sarà un grande divertimento e motivo di soddisfazione.
E’ difficile dire no, molti genitori sopportano a fatica il pianto e la frustrazione derivante dal dire no al proprio figlio, specie se lo si è atteso per anni.
La capacità di dire no diventa particolarmente importante dopo i due anni. E’ essenziale come ci rapportiamo al bambino perché in ogni momento stiamo comunicando qualcosa, se ci irrita se ci spazientisce o altro, lui lo avverte e può di conseguenza sentirsi amato o inopportuno.
Indispensabile è l’ascolto, ascoltare i propri figli, capire il perché del pianto o del lamentarsi è il suo modo per comunicarci qualcosa, non è sempre la richiesta di un giocattolo o di qualcosa di simile, magari vuole solo che chiacchierate un po’ con lui.
Affinchè i no siano rispettati e capiti, sin da neonati e negli anni a venire, devono esser in primis detti con decisione dai genitori, non può esserci contraddizione fra gli stessi, o il bambino si sentirà confuso, e deciderà autonomamente per cosa fare.
Se un no non è rispettato è giusto che segua una punizione, che possa aiutare anche a riflettere maggiormente.
Bisogna mantenere il rispetto per se stessi e fargli capire che il vostro no ha una ragione, non sempre è necessario spiegarla. I bimbi sanno che a volte cedere è più facile che continuare a cercare una soluzione migliore, e lo apprezzano. I no, che portano inevitabilmente a dei limiti, possono sia scaturire rabbia e frustrazione nel figlio, ma anche un senso di sicurezza, una recinzione oltre cui non andare, almeno per il momento.
Nel desiderio di essere sempre vicini ai propri figli, spesso non si riesce a prendere una posizione decisa e si cede facilmente alle pressioni. All’origine c’è la paura che un conflitto significhi minore intimità, comporti la rottura del legame speciale che si ha con loro. Il genitore che dice sempre sì, poi cova risentimento ed anche l’adolescente è insoddisfatto perché ha la sensazione di non aver chiesto troppo.
Racchiudendo in 3 regole, ecco come comportarsi con i propri figli:
- Ascoltare i propri figli, cercando di capire il reale bisogno, ciò che ci stanno realmente comunicando
- Prendere la decisione del no su un argomento, comporta l’esser decisi e mantenerla;
- Essere d’accordo con la decisione del coniuge, non contraddicendolo mai (meglio parlarne prima).
Roberta Sabrina Armenise
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